Networks in the Early History of Capitalism: Merchant Practices in Renaissance Venice
- 14 lug
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Siamo lieti di presentare il libro di Stefania Montemezzo, membro del nostro Comitato Scientifico.
Nel gennaio 1432, il mercante e patrizio veneziano Pietro Querini naufragò con il suo equipaggio. Lui e pochi sopravvissuti raggiunsero le isole Lofoten, nel Circolo Polare Artico. Il naufragio e il suo successivo incontro con il popolo norvegese sono diventati una delle storie più emblematiche della resilienza del Medioevo. Non solo perché testimoniano il rischio sempre presente della navigazione, ma anche perché rivelano un aspetto essenziale dell'economia veneziana: la capacità di adattarsi alle avversità e di trasformare i fallimenti in opportunità commerciali. Mentre il viaggio di Querini verso i mari del Nord è ben noto e ha dato vita a un mito che ancora oggi unisce il mondo mediterraneo all'Artico, il suo viaggio di ritorno è meno chiaro: un viaggio arduo intrapreso con risorse finanziarie limitate, che portò Querini e l'equipaggio sopravvissuto a viaggiare attraverso l'Europa come pellegrini piuttosto che come mercanti. Dopo aver attraversato la Norvegia, la Svezia e l'Inghilterra, Querini riuscì, dopo mesi trascorsi in terre sconosciute, a rimettersi in contatto con altri veneziani che gli fornirono il sostegno e i mezzi necessari per tornare finalmente a Venezia. Questa esperienza dimostra quanto fossero cruciali, anche lontano dalla laguna, le reti di connazionali e mercanti per affrontare le crisi e gli imprevisti.
Questo stesso spirito di resistenza e adattamento alle avversità è al centro del libro di Stefania Montemezzo. Attingendo principalmente a fonti inedite – libri contabili, lettere commerciali e atti notarili – l'autrice ricostruisce la realtà delle piccole e medie imprese veneziane nella seconda metà del XV secolo, mettendo in luce come i mercanti si trovassero ad affrontare sfide continue: guerre con gli Ottomani e gli Stati italiani, blocchi commerciali, errori commessi dagli agenti all'estero, crisi finanziarie, naufragi e recupero di merci e uomini. In un'economia profondamente instabile, il successo dipendeva dalla capacità di creare legami, raccogliere informazioni e ridistribuire le proprie risorse in base alle mutevoli condizioni di mercato. Come Querini a Londra, i mercanti analizzati da Montemezzo – Giovanni Foscari, Alvise Michiel e Marco Bembo – facevano affidamento su reti di connazionali e intermediari per superare gli ostacoli e riorientare i propri investimenti. Attraverso tre casi di studio – dalle galee di Stato alla gestione delle imprese familiari, alla corrispondenza con agenti in vari centri commerciali – il libro offre un quadro dettagliato del commercio veneziano e della flessibilità imprenditoriale necessaria per affrontare i rischi dell'epoca. Particolare attenzione è riservata ai mercati fiammingo e inglese, grazie anche ai libri contabili di Giovanni Foscari (pubblicati nel 2012 dallo stesso autore e scaricabili gratuitamente dal sito della casa editrice La Malcontenta), che descrivono nei dettagli i viaggi in Fiandre e Inghilterra del nipote di Francesco Foscari, doge al tempo del naufragio di Querini, fondamentali per il suo ritorno dalla Norvegia.
Il libro è diviso in cinque capitoli che trattano cinque temi principali del commercio veneziano. Il primo si concentra sul modello di impresa familiare veneziana, evidenziando come le dinamiche personali e familiari influenzassero profondamente le operazioni commerciali, in un connubio inscindibile per l'economia veneziana medievale. Il secondo capitolo evidenzia il legame tra le imprese familiari e il sostegno statale al commercio: che si trattasse di galee gestite dallo Stato o di incentivi all'importazione di cereali, lo Stato veneziano, governato dalle stesse famiglie nobili impegnate nel commercio internazionale, offriva opportunità e servizi che pochi altri enti statali erano in grado di garantire nello stesso periodo. Il terzo capitolo si concentra sulle difficoltà e le sfide che i mercanti internazionali dovevano affrontare quotidianamente, mostrando come le guerre, i mercati chiusi e la navigazione pericolosa fossero contrastati dalla creazione di circoli commerciali alternativi, dallo sfruttamento delle risorse locali (come la lana) e dall'uso dei mercati veneziani d'oltremare per mantenere attivo il commercio. Il quarto capitolo, invece, si concentra sul tema che dà il titolo al libro: il capitale. I veneziani, come altri mercanti della penisola, riuscirono a creare, in un sistema non ancora capitalistico, una serie di strumenti e pratiche che di fatto aprirono la strada al moderno mercato capitalistico, grazie a strumenti come le cambiali e la contabilità a partita doppia, che offrivano un controllo gestionale avanzato, e all'idea di mantenere il capitale mobile per mantenerlo produttivo. Infine, l'ultima sezione del libro si concentra sul lavoro degli agenti e degli intermediari. Il lavoro di questi professionisti permetteva ai mercanti di spostare merci e capitali senza mai lasciare la propria città e creava un sistema di relazioni che consentiva una facile circolazione delle informazioni, creando reti di contatti che furono probabilmente fondamentali anche per Pietro Querini che, durante il suo viaggio di ritorno a Venezia, dovette fare affidamento su queste reti per ottenere l'aiuto e il sostegno necessari per continuare il suo viaggio.
Il libro di Stefania Montemezzo offre un quadro vivido della vita commerciale veneziana nel tardo Medioevo, sottolineando l'importanza delle reti di sostegno e dell'accesso alle informazioni. Se Querini, privo di denaro e mezzi, riuscì a tornare grazie all'aiuto di generosi benefattori scandinavi e di altri veneziani, il libro mostra come la sopravvivenza e il successo nel commercio fossero legati a strategie simili: connessioni, fiducia e capacità di trasformare l'imprevisto in nuove opportunità.

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